Piano Nazionale d'Emergenza dell'Area Vesuviana

Contenuti:


Edizione del 1995

Deportazione dei Vesuviani Il Piano Nazionale d'Emergenza dell'Area Vesuviana [1], preparato dal Dipartimento della Protezione Civile e reso disponibile il 20 Settembre ai componenti della Commissione responsabile per la sua approvazione il 25 Settembre 1995, è più una gestione di un disastro che un piano per la prevenzione di un disastro. Il Piano si basa su di uno scenario eruttivo simile a quello dell'eruzione vesuviana del 1631 che produsse parecchie migliaia di morti e distrusse gran parte del territorio vesuviano. Il Piano è stato costruito assumendo necessaria l'evacuazione di circa 600.000 persone dalla zona più pericolosa del vulcano e di diverse centinaia di migliaia dalle aree confinanti, per non tener conto della vicina città di Napoli. Questo Piano non è un piano di gestione del rischio perchè non prevede un'evacuazione selezionata sulla base di una valutazione dettagliata di futuri scenari eruttivi, di stime esaustive sulla vulnerabilità e del valore economico del territorio, o di una valutazione del rischio durante una evacuazione. Un'altra assunzione del piano è che la comunità scientifica darà la previsione dell'eruzione circa 20 giorni prima dell'evento, e che in una settimana potranno essere evacuate circa 600.000 persone (pagina 68 della relazione).Le 157 pagine del documento e le molte illustrazioni a colori rappresentano un progresso per numero di pagine e grafici ma non nei contenuti rispetto al rapporto preparato nel 1992 che suscitò dure critiche sull'incapacità dei responsabili della gestione del rischio vulcanico nell'area vesuviana ad operare correttamente.

I contenuti del piano sollecitano un riesame dei continui investimenti di milioni di euro da parte del governo italiano alle istituzioni responsabili di questo piano che non presenta uno studio sulla attendibilità della sua organizzazione e dove la gran parte dei dati riportati rimangono inaccessibili per un'analisi approfondita della comunità scientifica e della popolazione dell'area vesuviana. Il Piano non è convincente sia sulla possibilità che sia dichiarata, con la dovuta precisione temporale, l'emergenza vulcanica nell'area vesuviana, sia che possa essere evitata una catastrophe nell'area. Procediamo ad alcune analisi di dettaglio del piano.

La parte A del Piano descrive l'evento attesso che viene assunto simile all'eruzione del Vesuvio del 1631, l'attuale organizzazione del monitoraggio del vulcano, e la vulnerabilità sismica nell'area vesuviana. Anche se vulcanologi e storici hanno avuto un qualche successo nel riconstruire l'eruzione del Vesuvio del 1631, deve farsi notare che attualmente esiste una considerevole controversia su che cosa accadde realmente al Vesuvio (vedi bibliografia a pagina 20 della relazione). I livelli di rischio vulcanico definiti alle pagine 22-29 sono altamente soggettivi e lo stato di allarme (livello di rischio 4) è definito semplicemente come più dati sono indicativi, per tipologia ed intensità, di una dinamica verso un processo eruttivo. Un capitolo sull'attuale organizzazione del monitoraggio al Vesuvio descrive le reti di sorveglianza geochimica, sismica, geodetica, gravimetrica gestite dall'Osservatorio Vesuviano senza però che siano indicati i livelli di soglia perchè possa essere lanciato l'allarme. I dati di vulnerabilità presentati nella relazione per le varie comunità dell'area vesuviana tengono conto soltanto della vulnerabilità sismica degli edifici ed escludono la vulnerabilità della popolazione, delle infrastrutture (electtricità, sistemi dei trasporti, ecc.), dei beni culturali, e gli effetti stessi dell'evento vulcanico quando si definiscono i parametri della vulnerabilità.

La parte B del Piano contiene i lineamenti della pianificazione. Le zone a diverso rischio sono rappresentate con colori diversi; zone al alto rischio (rosso, arancio, verde, indicate con i numeri da 1 a 5); zone a basso rischio (zone colorate in giallo). Le zone 1 e 5 (rosso) sono presso la costa e sono quelle a più alto rischio dove è prevista la disruzione totale. É prevista l’evacuazione di circa 600.000 persone verso diverse località italiane, ma non verso Napoli, e si prevede che l’operazione possa realizzarsi in una settimana con circa 40 treni al giorno che lasciano l’area a rischio (Figura 21/bis) e probabilmente quando i livelli di sismicità e delle deformazioni del suolo saranno molto elevati. Il Piano non fornisce elementi chiari sul perchè la popolazione deve essere portata così lontano dall’area in eruzione. Forse lo scopo degli estensori del piano è di “deportare” la popolazione e disperderla per l’Italia, tentando così di impedire il loro rientro evitando la ripetizione dell’evacuazione in un lontano futuro. Non è chiaro se questo possa essere in realtà una strategia valida per salvare molte persone, poichè una tale strategia ha una chiara tendenza a distruggere gran parte della cultura dell’area vesuviana ed a lasciare l’area aperta all’invasione degli speculatori per trarre vantaggi dal disastro e sottrare l’area a che ne ha diritto. Il Piano non fornisce direttive su chi sarà evacuato per primo e come la popolazione proveniente dalle diverse città raggiungerà i sistemi di trasporto. Inoltre nel Piano si assume implicitamente che i sistemi di trasporto saranno pienamente efficienti durante l’esodo e che la popolazione non sarà investita dal panico. Tali assunzioni non solo non sono scientificamente accettabili ma sono anche moralmente sbagliate quando manca il pieno consenso della popolazione. Il piano assume anche che le persone evacuate dall’area vesuviana saranno ricevute in molte comunità d’Italia senza che i cittadini di queste città temano di perdere il lavoro e di subire perturbazioni alla cultura locale. Questa parte della relazione si conclude con l’affermazione che il reinsediamento nell’area vesuviana dopo l’eruzione sarà estremamente graduale (pagina 76), annunciando che vi sarà solo un reinsediamente selettivo e potrebbe accadere anche che per ritornare alla propria terra sarà necessario acquistarla dagli speculatori a causa di una politica di reinsediamento errata.

La parte C del Piano contiene il modello di intervento che è diviso in 6 fasi contenenti 7 livelli di rischio e 5 Centri Operativi sul territorio. Il Piano non solo assume che questi centri saranno pienamente operativi durante i giorni che procedono immediatamente l’eruzione (probabilmente con un’intensa attività sismica e forti deformazioni del suolo), ma anche l’assenza di un false allarme. Siamo curiosi di conoscere quale scienziato dell'Instituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Gruppo Nazionale per la difesa dai Terremoti, Osservatorio Vesuviano, ecc. sarà in grado di predire un’eruzione vulcanica 20 giorni prima dell’evento, visto che la nostra esperienza su vulcani simili al Vesuvio, come Mt. S. Helens nel 1980 e il Pinatubo nel 1991, ci dice che gli scienzati sono molto cauti nel prevedere un’eruzione una settimana prima dell’evento senza dati obiettivi. Le domande fondamentali alle quali il Piano non dà risposte sono: Chi darà l’ordine e quando, e quali potrebbero essere le consequenze di questi ordini così come un false allarme che potrebbe drenare risorse significative del paese?

Il Piano Nazionale d'Emergenza dell’Area Vesuviana è un oggetto di valore ma inutile e ingombrante, perchè ha un valore molto basso per la popolazione dell’area vesuviana. Il Piano esclude la consultazione e la partecipazione dell’attore principale che è la popolazione dell’area. L’evacuazione proposta tende a distruggere la cultura dell’area vesuviana, apre le porte agli speculatori ed al ripopolamento abusivo di cittadini non vesuviani dopo l’eruzione. Questo è innaccettabile ed è possibile che la popolazione dell’area vesuviana decida per un piano alternativo per salvaguardare le generazioni future e la cultura. Perchè un piano di evacuazione possa essere accettato nella sua globalità dalla popolazione, è necessario innanzitutto procedere ad uno studio dettagliato dell’attendibilità dei suoi vari subsistemi i cui metodi e risultati siano resi disponsibili per una verifica da parte dei cittadini dell’area. Il Piano molto fragorosamente informa che la comunità scientifica (architetti del Piano) sarà capace di prevedere un’eruzione con 20 giorni di preavviso, ma la nostra esperienza con altri vulcani simili indica il contrario.

Piano Nazionale d'Emergenza dell'Area Vesuviana è stato politicizzato in 1995 (per contrastare l'iniziativa interdisciplinare VESUVIUS 2000) dai geologi e geofisici (Protezione Civile, documento No. 247, 1 Febbraio 1996): F. Barberi, L. Civetta, P. Gasparini, F. Innocenti, L. Lirer, G. Orsi, T. Paresci, M. Rosi, R. Santacroce and L. Villari.

[1] Pianificazione Nazionale d’Emergenza dell’Area Vesuviana. Dipartimento della Protezione Civile, 1995 Roma ( Piano 1995 )

Recensione del 25 Settembre 1995.


Aggiornamento 2013

Gli aggiornamenti del Piano sono riportati sul sito internet della Protezione Civile [2]. Questi aggiornamenti sono:

1. La nuova zona rossa è stata ampliata, comprendendo i territori di 24 Comuni e tre circoscrizioni del Comune di Napoli, a causa di un nuovo studio scientifico che indica che Barra, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, Palma Campania, Poggiomarino, San Gennaro Vesuviano, Scafati e Pomigliano d’Arco potrebbero anche essere sottoposti ai flussi piroclastici.

2. Settanta due (72) ore invece di 7 giorni adesso sono previsti per l’evacuazione della zona rossa. L’allontamento è stato organizzato in due fasi, una prima che prevede lo spostamento della popolazione in aree di prima assistenza immediatamente esterne all’area rossa e gialla, e una seconda che prevede il trasferimento nelle regioni gemellate come previsto nel Piano del 1995. I mezzi scelti per l’evacuazione sono su gomma, mentre altri mezzi (treni e navi) sono tenuti come riserva strategica. La visione vecchia del Piano del 1995 dunque rimane: allontamento della popolazione e distruzione della cultura vesuviana, evacuazione di massa quando il territorio sarà sottoposto ai terremoti, fattibile accoglienza dei vesuviani nelle aree di gemellaggio, rientro molto lento o proibito della popolazione evacuata, appropriazione del territorio abbandonato dai nuovi speculatori. L’allontanamento con i treni è stato sostituito con quello su gomma che è un miglioramento. L'aggiornamento del Piano non specifica: (1) Sulla base di quali parametri dell'attività vulcanica o altri elementi si prenderà la decisione per l’evacuazione 72 ore in anticipo? (vedi recensione del Piano del 1995 e seguente paragrafo), (2) Come gestire il traffico di esodo quando gran parte del territorio potrebbe essere sottoposto a scosse continue che produrranno crolli di case nelle vie delle città e crolli di ponticelli sulle strade principali dell'esodo come l'autostrada A3? Basta pensare cosa accade oggi nell’area vesuviana quando piove per avere un'idea di che cosa accadrà durante un esodo di massa. È difficile giustificare un'evacuazione di 600.000 milla persone in due o tre giorni in stato di rabbia e probabile panico attraverso un territorio con piú di un millione di persone quando questo territorio è sottoposto ai terremoti e movimenti del suolo.

3. I livelli di allerta per il nuovo Piano non sono migliorati, visto che anche oggi il passaggio da un livello di allerta al successivo corrisponde ad un aumento progressivo della probabilità di riattivazione eruttiva del vulcano. Il passaggio dal livello base al livello di attenzione richiede che due dei parametri monitorati superino i valori ordinariamente registrati di almeno due volte le incertezze associate a questi dati. Per i livelli di allerta superiori la valutazione dovrà essere basata sull’analisi in tempo reale dei parametri monitorati da parte degli esperti . Secondo la Protezione Civile la definizione di specifiche soglie predeterminate, superate le quali si attivano automaticamente i vari livelli di allertamento, è operazione complessa e delicata. Questi dichierazioni sono presi dal documento redatto dall'Osservatorio Vesuviano e consegnato alla Protezione Civile il 26 Aprile 2012. (Scenari Eruttivi e Livelli di Allerta per il Vesuvio ) Le domande cruciali riportate nella recensione del piano del 1995 dunque rimangono: Sulla base di quali parametri dell'attività vulcanica si darà l’ordine per l'evacuazione? Quali potrebbero essere le consequenze di questi ordini? Un falso allarme potrebbe drenare risorse significative del paese e un tardivo allarme potrebbe produrre una catastrofe.

4. La Protezione Civile è chiara quando specifica che la partecipazione dei comuni e degli enti territoriali all’attività di pianificazione è essenziale: il Piano nazionale di emergenza potrà diventare uno strumento realmente operativo solo quando i criteri e le strategie generali troveranno applicazione in specifici Piani locali. Il Piano Nazionale di Emergenza dell'Area Vesuviana è quindi solo una guida per i vesuviani, perchè solo loro saranno responsabili per utilizzare questo percorso per salvaguardare il loro futuro. Fino a che questa responsabilità non viene concepita da parte della popolazione sotto il vulcano non ci sarà un progresso civile che riporta alla riduzione del rischio nel territorio. Questo è già stato accennato 18 anni fa nell'ultimo paragrafo nella recensione del Piano del 1995.

[2] Aggiornamento del Piano nazionale di emergenza per il Vesuvio. Dipartimento della Protezione Civile, Roma ( Piano 2013 )
( Pagina Internet della Protezione Cicile del 6 Dicembre 2013 ) Il documento redatto dall'Osservatorio Vesuviano Scenari Eruttivi e Livelli di Allerta per il Vesuvio contine contributi di G. Macedonio, A. Neri, M. Martini, W. Marzocchi, P. Papale, M.T. Pareschi, R. Santacroce, P. Dellino, G. Orsi, E. Del Pezzo, A. Zolo e G. Zuccaro. I membri di Gruppo A della Commissione Nazionale incaricata di provvedere all'aggiornamento dei Piani d'Emergenza dell'area vesuviana e dell'area flegrea sono: Franco Barberi, Lucia Civetta, Paolo Gasparini e Giuseppe Luongo.

Recensione del 6 Dicembre 2013.


  • Il Piano Nazionale di Emergenza dell'Area Vesuviana è quindi solo una guida per i vesuviani perchè solo loro saranno responsabili di una strategia di emergenza per salvaguardare il loro futuro.

  • L'iniziativa VESUVIUS 2000 mira invece nella direzione della prevenzione e richiede una attiva partecipazione della popolazione per stabilire un percorso diverso indirizzato alla sostenibilità delle città intorno al Vesuvio. VESUVIUS 2000

  • Fino a che non si fa differenza, tra un piano che solo dovrebbe gestire l'emergenza e una strategia della gestione del rischio basata sulla prevenzione e non si riesce a concepire e scegliere il percorso dell'interesse maggiore da parte della popolazione vesuviana, non ci sarà un progresso civile che porterà alla riduzione del rischio e alla sostenibilità del territorio.


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